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Come non fare cadere il conferenziere Giovanni nella botola del cliché dell’intellettuale noioso con la puzza sotto il naso?
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Come non fare precipitare l’attrice di avanspettacolo Marianna nella trappola della bellona di turno, con forme da maggiorata e cervello da gallina (nel senso di piccolo, che non voglio offendere le galline)?
Mi spiego meglio: se inquadriamo un personaggio, il nostro Giovanni, e gli diamo un’etichetta di intellettuale, di studioso, saremmo tentati, all’inizio dei nostri tentativi di scrittura, a dargli altre caratteristiche che lo farebbero assomigliare a un maestrino dalla penna rossa che argomenta teorie e sfoggia letture guardando tutti dall’alto in basso.
Potrebbe anche essere così, è vero, ma siccome questa descrizione si adatterebbe a ogni intellettuale dal 1800 a oggi, sarebbe utile e anche suggestivo fornire al nostro Giovanni altre caratteristiche che lo rendano diverso, “unico” agli occhi del lettore.
I personaggi devono essere persone, persone “vere”.
E come si fa?
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Si pensa al personaggio e si cerca di dargli un carattere diverso da ciò che ci viene d’impulso.
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Si scrive una scheda con tante caratteristiche. Si rilegge e si butta la metà delle frasi. Si rilegge e si aggiusta il tiro.
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Si scrive qualche scena in cui compare il nostro eroe, si rileggono le pagine scritte e si ‘ascolta’ cosa ci dice. Se non è lui, allora si ragiona di nuovo sul motivo di certi comportamenti/atteggiamenti che ha.
- Si riscrive di nuovo.
Un lavoro immane. È vero. Ma all’inizio molti scrittori non sanno valutare subito i personaggi che si presentano. Dopo, con la pratica, questa procedura risulterà molto più semplice e immediata. (non sempre ma non voglio scoraggiarvi).
Gli stereotipi, le banalità, possono spuntare anche nelle frasi che scriviamo, ma i luoghi comuni, i modi di dire, le frasi fatte, non dovrebbero comparire nel testo del nostro romanzo. Rendono sciatta la scrittura e noiosa la lettura.
Nella fase di rilettura, dovrete andare a scovare anche queste frasi banali, ovvie. E tagliarle senza pietà, anche se vi paiono ‘così belle‘.
E voi, che fate? Come tratteggiate un personaggio ‘difficile’? E nella rilettura dei vostri testi, vi capita di trovare delle frasi fatte, delle parole che formano dei cliché?
Sì qualche frase fatta mi capita, ma non sempre la taglio, i miei personaggi sono piuttosto imperfetti come me, cerco di immaginarmi sempre una persona vera, ma con qualche chance in più. Non so se ci riesco
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I personaggi devono essere imperfetti. Brava Giulia 🙂
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Per le frasi fatte non c’è rimedio. Spuntano come funghi. Per i personaggi cerco di modellarli come persone vere adatte all’epoca in cui è ambientato il romanzo. Se scrivo un testo ambientato nel medioevo, cerco – poi riuscirci è tutt’altro paio di maniche – di pensrlo calato nella sua epoca. Quindi mangerà cibo del medioevo, vestirà come allora e ragionerà in maniera aderente a quel periodo.
Queste sono le intenzioni, ma dare corpo è un’altra sinfonia.
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Io non riuscirei a scrivere storie ambientate nel medioevo. Bravissimo tu se ti impegni in storie che necessitano anche tanto lavoro di ricerca.
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Qualsiasi storia richiede un bel impegno e qualche ricerca. Ad esempio ne Il paese rinasce pur ambiento nel 2012 mi ha impegnato in molte ricerche documentali.
Grazie per le tue parole
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