Questo romanzo ha ricevuto pareri contrastanti: o si ama o non piace, non convince. Non conoscevo l’autrice Shirley Jackson, ma chi mi ha prestato il libro mi ha detto che “ha ispirato anche Stephen King“. Io, di fronte a simile lusinga – di trovare un’autrice che il caro Stevie ha gradito tanto da farne una fonte di ispirazione – non posso esimermi.
Ed eccomi qui, con questo libro e col favore delle tenebre, sdraiata a letto in una notte d’inverno che ha tradito anche se stesso. C’è questo professore, studioso di fenomeni paranormali, che è attratto dalla nomina che ha questa casa, appunto Hill House. Decide di passare lì alcuni giorni e di farsi accompagnare da alcune persone scelte tra chi in passato abbia fatto esperienza di questi fenomeni o possa essere qualificato come ‘sensitivo’. Manda parecchie lettere ma alla fine si ritrova solo con due adesioni, Eleanor e Theodora. Il terzetto avrà la supervisione di Luke, ultimo erede della casa, che dovrà vigilare sulla proprietà.
All’inizio ci sono episodi di ‘paura annunciata’, cioè non accade nulla ma le ragazze hanno l’anima in subbuglio per le aspettative annunciate dal professore. La scrittura scivola (la traduzione è di Monica Pareschi) che è un piacere e la storia non è abbandonabile.
Poi c’è la svolta: una notte in cui fuori il vento percuoteva gli alberi e la persiana della mia finestra, ho letto le pagine più paurose che potessi immaginare. Pagine in cui non accade nulla, solo rumori, colpi battute sulle porte, e freddo, tanto freddo. Poi i colpi cessano e il freddo se ne va, ma la sensazione che la casa sia abitata da strane presenze, che sia posseduta dai fantasmi del passato, o che sia lei stessa un fantasma di qualcosa che ci turba, che turba Eleanor. A tratti la casa sembra volerla scacciare, a tratti, invece, sembra che voglia trattenerla in sé.
Il gruppo, però, inizia a sgretolarsi, a dividersi e un giorno a Eleanor viene consigliato di andarsene. Lei non vorrebbe ma infine parte.
E…
Non dirò più nulla. Un libro affascinante.
Beh… Direi che fai parte di quelli che l’hanno amato. Metto in nota, voglio scoprire da che parte sto 😉
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Ps. Di questa autrice ho letto i racconti, sempre di Adelphi, che prendono il nome dal primo, La lotteria, che è decisamente il migliore. Forse lo conosci…
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Grazie per questi suggerimenti di lettura… 😉
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Un libro affascinante
e con il pregio, che condivide con molti altri libri recensiti sui blog, di essersi evidentemente tradotto da solo!
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Ha perfettamente ragione, signor Zonta. Mi premuro sempre di indicare il nome dei traduttori ma stavolta avevo omesso.
La ringrazio della Sua cortesia: ha modificato una giornata che era già schifosa di suo.
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